Il maestro di musica della scuola media, meglio dire professore di musica, era anche capo banda di ben due bande… Una di queste nel piccolo paese dove abitavo allora… anno circa 1982, da poco vittoriosa ai mondiali l’italia di Baerzot e del nazionalpresidente Pertini.
Un caldo pomeriggio di settembre decisi di presentarmi alla banda! Ecco ci sono anche io, senza chitarra ovviamente poiché le jam-session erano ancora poco in voga, fui costretto a scegliere uno strumento a fiato visto che il tamburo o la cassa erano per me ancora tabù.
Ci manca il basso tuba, esordì il maestro. La cosa non mi suonò come un premio, anzi mi vedevo sudaticcio e stanco per le vie in salita di paesi del lazio a premere i pistoni dell’ottonato macrostrumento. Avrei avuto un posto in prima fila, anzi in ultima visto che il basso tuba va in fondo a tutta la cordata, mediamente accanto al santo portato in processione.
Non ci sarebbe qualcosa di più dolce? Oboe o clarinetto sarebbero graditi.
E così fu clarinetto. Avuto in prestito in una scatola che odorava di musica, di vellutino rosso, si appoggiava questo strumento ad ancia singola, tre parti, tre componenti che si assemblavano e via il suono iniziava ad uscire. E che suono! Dolce e brillante, quasi scherzoso, a volte grottesco, mediamente vicino a quello che poteva essere il richiamo di lucifero.
E così iniziai a presentarmi alle lezioni pomeridiane di banda dove prima di tutto dovetti superare lo scoglio del solfeggio. Bona. Dorelasofamire-uno-due. Minime, seminimine, crome e biscrome e ancora semibiscrome sincopate. Insomma arrivato all’esercizio 32 avrei iniziato gli esercizi anche con lo strumento. E allora via uno-due-tre musica.
E venne il giorno. Iniziarono i primi guaiti musicale, le prime ciucciate di ancia che si incastrava nella lingua. Avanzavo perché divoravo musica e volevo arrivare a padroneggiare lo strumento.
Seconda lezione di strumento. La classe era affollata e il tavolo pieno di custodie di strumenti accatastate. Il maestro un mesto viso ad accoglierci. La banda si scioglieva. Non c’erano fondi. Non c’erano numeri (fosse colpa dell’assenza del basso tuba?). Richiusi la custodia dove il panno rosso accoglieva lo strumento diviso, claclac e riconsegnai il clarinetto.
E la banda passò.